
In un mondo dove molte ore davanti a dispositivi elettronici, la sedentarietà, ovvero stare molto tempo seduti, può essere una minacia alla nostra salute pubblica globale. Questa “newsletter” esplora le conseguenze della vita sedentaria e offre consigli pratici per contrastare gli impatti negativi di uno stile di vita poco attivo.
La sedentarietà non significa solo non fare sport, ma passare lunghi periodi della giornata seduti o a riposarsi con un basso dispendio energetico. È un comportamento indipendente con rischi per la salute.
Se stiamo sempre seduti, il nostro corpo e la nostra mente possono ammalarsi più facilmente : la sedentarietà è associata a un rischio maggiore di sviluppare malattie cardiache, diabete di tipo 2, obesità, alcuni tipi di cancro, depressione, ansia, debolezza muscolare, riduzione della flessibilità e dolori articolari.
Inoltre la sedentarietà è stata collegata a una ridotta aspettativa di vita.
Pause attive: Alzati e muoviti per almeno 5 minuti ogni ora. Piccole attività come camminare, fare stretching o salire le scale possono fare una grande differenza.
Usa meglio la scrivania: un tavolo regolabile ti permette di alternare tra la posizione seduta e in piedi.
Integra l’attività fisica nella tua routine: ITrova modi per muoverti di più nella tua giornata, come camminare o andare in bicicletta.
Limita il tempo trascorso davanti allo schermo: Stabilisci limiti di tempo trascorso davanti alla TV o al computer.
Anche piccoli cambiamenti possono fare la differenza per stare bene. Ogni volta che ci muoviamo, facciamo un passo verso una vita più sana!
Owen, N., et al. (2010). “The sedentary behavior and obesity: WCRF/AICR second report on cancer prevention.” Cancer Prevention Research.
Biswas, A., et al. (2015). “Sedentary time and its association with risk for disease incidence, mortality, and hospitalization in adults: A systematic review and meta-analysis.” Annals of Internal Medicine.
Thorp, A. A., et al. (2011). “Sedentary behaviors and subsequent health outcomes in adults: A systematic review of longitudinal studies, 1996–2011.” American Journal of Preventive Medicine.