Con il termine Smart Working si intende una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzata dall’assenza di vincoli orari e/o spaziali e da un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro.
La definizione di smart working, contenuta nella legge n. 81/2017, pone l’accento sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale e sull’utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto (come, ad esempio, pc portatili, tablet e smartphone) ed è una tipologia di lavoro da anni utilizzata in altri paesi europei ed oltreoceano che in Italia si è ampiamente diffusa durante la pandemia di Sars-Cov2.
Oggi, nonostante la fine del lockdown, molti lavoratori vorrebbero rimanere in smart working, in quanto hanno trovato in questa forma di lavoro un alleato per una vita più semplice, meno frenetica e ideale per la propria organizzazione domestica e familiare. Ma fa davvero bene al benessere individuale e collettivo?
Diciamo che se organizzato in modo ottimale, se gli orari vengono rispettati e non diluiti eccessivamente nell’ arco della giornata, può essere utile per ridurre lo stress legato a traffico e ritardi e vivere una vita familiare più serena e rilassata; in caso contrario il rischio è quello di mescolare lavoro e vita privata con il risultato di vivere una “vita al lavoro”.
Anche per quanto riguarda la disponibilità a rispondere al telefono o comunicare via mail, deve rientrare in un determinato orario di lavoro e non deve invadere il tempo dedicato a se stessi, ai propri hobby e alla famiglia. I familiari devono essere informati sul tipo di lavoro che si deve svolgere da casa e si dovrebbero stabilire nuove regole condivise nella quotidianità per poter mantenere la concentrazione e per creare una maggiore empatia nella famiglia.Certamente lo smart working permette un notevole risparmio di denaro, in quanto porta con se una riduzione o addirittura l’abolizione di spese legate ai trasporti pubblici o privati e alle pause pranzo, per lo più consumate in bar, ristoranti o mense aziendali e una riduzione degli infortuni traumatici sul lavoro.
Un importante problema legato al lavoro da remoto è invece il peggioramento delle condizioni fisiche, in quanto aumenta la sedentarietà, i problemi muscoloscheletrici, i problemi di visus legati all’uso quasi esclusivo di dispositivi elettronici.
Quindi si consiglia l’auto-imposizione di abitudini corrette che possono minimizzare queste problematiche, quali ad esempio una postazione di lavoro con seduta ergonomica e ben organizzata con monitor frontale e tappetino per il mouse, qualche minuto di camminata ad intervalli di circa 30 minuti, la corretta illuminazione della stanza che consenta di ridurre la luminosità dei dispositivi elettronici, mantenimento di una postura eretta.
In conclusione un buon compromesso potrebbe essere una tipologia di lavoro mista tra smart working e lavoro in presenza, al fine di non appiattire o azzerare i legami con i colleghi, al fine di ridurre i costi per il lavoratore e per l’ azienda, al fine di lasciare più spazio alla vita privata del lavoratore e alla propria organizzazione personale dei tempi ma tutelando la salute sociale, relazionale e quindi psicologica.
https://miur.gov.it/lavoro-agile
Smart-working policies during COVID-19 pandemic: a way to reduce work-related traumas?
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Characterization of Home Working Population during COVID-19 Emergency: A Cross-Sectional Analysis.
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Computer vision syndrome
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Smart working e fattori psico-sociali
Salvatore Zappalà, Università di Bologna, TAO digital library 2017